Emergono i primi dissapori tra la segretaria del Pd Elly Schlein e il neo presidente Stefano Bonaccini sui nomi.
La volontà di collaborare non è stata abbandonata, ma purché sia reciproca, sottolinea Bonaccini e avvisa Schlein. Il presidente del Pd in una riunione con i parlamentari che lo hanno sostenuto ha affermato di avere intenzioni per confrontarsi con la segretaria Elly Schlein sulla linea e i nuovi assetti nei gruppi e nella segreteria.
«Dopo il positivo passaggio dell’assemblea nazionale del 12 sarebbe assolutamente auspicabile che anche i prossimi passaggi si svolgessero in un clima di unità e collaborazione. Non mi sento minoranza e voglio dare una mano a rafforzare il Pd a tutti i livelli, anche condividendo responsabilità» mette in chiaro Bonaccini precisando che è questo il volere della gente ed è qualcosa che farebbe bene all’immagine del Pd. Il governatore emiliano aveva proposto a Schlein un accordo entro lunedì senza “scelte calate dall’alto”.
La distanza tra segretaria e presidente
Bonaccini ha avuto da ridire sui capigruppo che la segretaria gli ha presentato la settimana scorsa perché secondo il governatore non in linea con quanto uscito al congresso. Il presidente ha invitato Schlein alla “prudenza” ma è evidentemente rimasto inascoltato. Bonaccini insiste sul fatto che i capigruppo debbano rappresentare l’autonomia dei gruppi e degli orientamenti.
Schlein ricorda al suo ex governatore che c’era un accordo tra i due e che la decisione dei capigruppo sarebbe spettata a lei. Il problema di Bonaccini non sarebbe tanto sul merito ma sul metodo. “Non voglio fare opposizione interna alla tua linea, voglio collaborare, ma non puoi darmi i nomi così, prendere o lasciare” avrebbe detto alla leader del Pd.
Arriva quindi il primo scontro sulle prime decisioni tra la maggioranza di Schlein e la minoranza di Bonaccini anche se, come ha ribadito il governatore, non si sente minoranza. Dalle primarie le indicazioni dei tesserati sono state chiare, in effetti, e il presidente punta su questo proprio per avere un bilanciamento più equo tra le due parti del Pd.